martedì 26 novembre 2013

LiricaMente



Accade così, in un giorno come tanti altri, che la quieta monotonia del vivere quotidiano è interrotta dalla calda voce di Roberto Vecchioni, ti soffermi sempre ad ascoltare, quando il Professore tramuta le parole in poesia e successivamente in musica.

L’inflessione della voce non è la solita, l’età? No, il contenuto, sempre più reale.

Ho conosciuto il dolore”, è una lirica, presentata al pubblico nelle ultime date del lungo tour “I colori del buio”, la poesia è stata musicata in “Io non appartengo più”, ultimo lavoro dell’Artista meneghino.

 

L’Uomo Vecchioni racconta se stesso, parla della malattia del figlio, della sua lotta contro il tumore, un monologo, dopo aver affrontato e sconfitto, sul ring della Vita, anche un cancro al rene, davanti a lui c’è la fine, l’affronta da uomo vittorioso, narra di cosa ha pensato di Dio in quei momenti e spiega: «Anche se non ci fosse un Dio, una strada percorribile per eliminare le complicazioni che troviamo nella nostra vita, noi siamo uomini e possiamo superare tutto. La risposta a questo tipo di domande è laica. Quando mi è stato tolto un tumore dal rene, non è che avessi vicino Gesù Cristo o Buddha, per capirci».
Un vero dramma interiore scatenato dalle risposte che non riesce a darsi, probabilmente la scelta del quadrato pugilistico, non rappresenta solo il luogo dell’incontro con il dolore, la lotta reale è contro questa sOCIETA’ dove termini come onestà e giustizia non trovano spazio, sovrastati dal vuoto ed egoistico “ego” di una perfetta indifferenza globalizzata.
Serve una Indifferenza che faccia la differenza, ecco che il ringraziamento ad Eugenio Montale è un chiaro ed esplicito riferimento all’approccio che bisogna avere verso il dolore!



Spesso il male di vivere ho incontrato: (di Eugenio Montale)
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.



Il dolore si scaglia sulle persone, sugli affetti, conosce tutti, ma non comprende l’animo, non fa differenza d’età, di sesso, non risparmia nessuno, l’unica via di uscita è la divina In-differenza, perché forse proprio con l’indifferenza, con un atteggiamento distaccato, l’uomo può allontanare la consapevolezza del dolore.
Sono molte le canzoni di Vecchioni in cui la melodia sposa con raffinatezza la parola, completandola senza mai alterarla, l’accompagna dolcemente all’altare come un Padre che la consegna allo sposo, felice di poterlo fare ma con il cuore ricolmo di paura per la sua Bambina, una lirica è questo, atmosfera, cedenza, inflessione, musica non devono mai sovrastare il contenuto delle parole.
Il cantautore definisce la questa poesia come «un soliloquio davanti alla fine e sul senso di non appartenenza al mondo contemporaneo», infatti a confrontarsi sul ring sono libri, quadri, oggetti che hanno un valore senza tempo, da questa eternità irrompe un momento di riflessione sulla lotta tra Bene e male.




L’atmosfera ricreata in questa lirica era stata preannunciata nel libro di RobertoVecchioni, Scacco a Dio: «Sembra quasi che lo facciano per farmi dispetto, gli uomini: arrivati a un certo punto è come se s’incidessero un’altra linea della vita sulla mano. No, non parlo di peccati, quelli son minuzie: dico il corso del loro destino. È come se in un’immaginaria scacchiera non accettassero più le diagonali di un alfiere, i salti di un cavallo, le rette di una torre. E spacciano questa falsa libertà per uno scacco a me, uno scacco a Dio. Ecco cosa mi tormenta e cosa voglio capire: dove ho sbagliato?»




Ho conosciuto il dolore: (di Roberto Vecchioni)
Ho conosciuto il dolore
(di persona, s’intende)
e lui mi ha conosciuto,
siamo amici da sempre:
io non l’ho mai perduto
lui tantomeno che anzi
si sente come finito
se per un giorno solo
non mi vede o mi sente
ho conosciuto il dolore
e mi è sembrato ridicolo!
Quando gli do di gomito
Quando gli dico in faccia
Ma a chi vuoi far paura?

Ho conosciuto il dolore
Era il figlio malato
La ragazza perduta all’orizzonte
Il sogno svanito, la miseria
Dopo l’avventura era
Il brigante all’angolo
Che mi chiedeva la vita
Era il presuntuoso tumore
Che mi porto dentro
Da una cellula impazzita:
era Dio che non c’era
e giurava, ah se giurava di esserci,
la sconfitta patita l’indifferenza
del mondo alla fame
alla povertà, alla fatica
l’ho conosciuto:
e l’ho preso a colpi
di canzoni e parole
per farlo tremare
per farlo impallidire
per farlo tornare all’angolo
pieno di botte
che nemmeno il suo secondo
sapeva più come farlo
di nuovo salire sul ring
continuare a boxare

e l’ho fermato un giorno in un bar
che neanche lo conosceva la gente.
L’ho fermato per dirgli:
“con me non puoi niente”

Ho conosciuto il dolore
Ed ho avuto pietà di lui
Della sua solitudine
Di questo cazzo di suo mestiere;

l’ho guardato negli occhi
che sono voragini e strappi
di sogni infranti: ti vuoi
fermare un momento, gli ho chiesto
ti vuoi sedere? Vieni con me
andiamo insieme a bere

Hai fatto di tutto
Per disarmarmi la vita
E non sai, non puoi sapere
Che mi passi come un’ombra
Sottile sfiorente, appena appena
Toccante, e non hai vie d’uscita
Perché nel cuore appreso
In questo attendere
Anche in un solo attimo
L’emozione di amici che partono,
figli che nascono sogni,
che corrono nel mio presente
io sono vivo e tu, mio dolore
non conti un cazzo di niente.