giovedì 12 gennaio 2017

VolatilMente

Titolo: Realizzazione di un aeroporto privato, civile e cargo, come base logistica di scambio transcontinentale con i paesi dell’Oriente.
Sottotitolo: A volte ritornano!

Con scadenza quasi elettorale si torna a parlare della costruzione di un nuovo aeroporto nella valle del Mela o nella zona dei Nebrodi (Torrenova, Caronia), riteniamo che il confronto sia sempre produttivo, soprattutto per alimentare un dibattito che affronti lo sviluppo strategico dell'economia messinese e siciliana.



Dell’aeroporto del Mela si parlò per la prima volta nel 1955, cioè quando, il 17 aprile, il Governo Regionale presieduto dall’on. Franco Restivo deliberò lo stanziamento di un miliardo e 100 milioni di lire per la costruzione di un moderno aeroporto nella zona litoranea di Milazzo.
Eravamo alla vigilia delle terze elezioni regionali che si svolsero il 5 giugno 1955.
Lo scalo programmato venne presentato dalla stampa come aeroporto di Messina.
In quel periodo l’unico collegamento stradale di Messina con la zona tirrenica era costituito dalla strada statale settentrionale sicula 113, che attraversava i colli San Rizzo, per cui si cominciò ad ipotizzare la costruzione di un tunnel di 1,5 Km. per raggiungere agevolmente la zona del futuro aeroporto.
Ma proprio nel 1955 a Messina venne varato il primo aliscafo per cui le città di Messina e di Reggio Calabria furono collegate in pochi minuti, per cui mentre l’unico collegamento stradale del capoluogo con la riviera tirrenica era difficoltoso, Reggio adesso era vicinissima e l’aeroporto più naturale per Messina apparve quello di Reggio Calabria che era in fase di trasformazione per divenire civile.
Negli anni successivi le Camere di Commercio, le amministrazioni comunali e provinciali di Reggio Calabria e Messina si consorziarono per la gestione dell’aeroporto che venne denominato “Aeroporto dello Stretto”.
Ma perché in Sicilia, dove sono localizzati quattro aeroporti sull’isola (Catania, Comiso, Palermo, Trapani) e due nelle isole minori di Lampedusa e Pantelleria, in maniera ricorrente saltano fuori progetti per nuovi aeroporti?


Come dimenticare, tra il 2009 e il 2010, gli svizzeri che spinti da noti politici volevano investire per l’aeroporto di Agrigento. Poi toccò ai cinesi, a Enna. In quell'occasione la cosa sembrò anche più seria. Lo scalo avrebbe dovuto essere destinato al cargo e tutti i costi sarebbero stati a carico degli investitori stranieri. Come poi successe a Parma, dove doveva rinascere l’aeroporto della Food Valley emiliana, i cinesi poi si eclissarono. Era tutto un sogno, anzi, una concretezza, anche allora: 5 chilometri di piste, un costo stimato in 300 milioni di euro per un aeroporto intercontinentale a Centuripe, a pochi chilometri da Enna e da Catania, vicino al porto di Augusta.
Emerge la volatilità di questa proposta progettuale!
Trecento milioni, vicinanza alle ferrovie, imprenditore straniero pronto a investire: sono gli ingredienti del nuovo scalo di Messina.
I soldi li metterà un imprenditore indiano e il modello è l’aeroporto di Dubai, un esempio da 78 milioni di passeggeri, giusto l’hub di Emirates. I lavoratori saranno 1.500 e con l’indotto si arriverà a 5.000. Tutto questo sorgerà nella vale del Mela, vicino Milazzo. Da quotidiani si legge che l’opera (...suggeriscono...) si innesta in maniera armonica con porto, svincoli autostradali e ferrovia, sarà costruita nel tempo record di 18 mesi, non avrà alcun impatto sul territorio e sarà autonoma dal punto di vista energetico, visto che sarà circondata da centinaia di pannelli solari.
Per molti un sogno! La prospettiva per innescare un nuovo indotto economico.
Per alcuni una “concretezza”! Dimostrata dagli studi di settore svolti dalla società indiana nella provincia negli ultimi quattro anni, ma soprattutto avallata e sponsorizzata dal Governo regionale e dai big politici messinesi.
Di contro alcune associazioni locali affermano che si tratterebbe di un’operazione commerciale, che peraltro, da quel che è possibile capire, solo subordinatamente consentirebbe alcuni voli civili e turistici.
Secondo gli oppositori viene proposta, ancora una volta, un’operazione demagogicamente definita moderna, foriera di occupazione e sviluppo, i cui contorni non sono interamente esplicitati. Ciò mentre aeroporti, soprattutto meridionali, di pari dimensioni vengono chiusi o ridimensionati.


Sintetizzate le posizioni proponiamo una breve analisi (10 comandamenti per far volare i sogni).
1) Sicurezza e fattibilità economica
La zona non ha sufficienti attività industriali che giustifichino l’investimento. Però, la zona interessata è ubicata in linea d’aria a breve distanza da un’area industriale comprendente grandi complessi come la Raffineria di Milazzo e la Centrale Termoelettrica con conseguenti gravi rischi per la sicurezza.
La localizzazione dell’opera è prevista in una zona molto antropizzata per la presenza di contrade fitte di abitazioni, e il trasporto aereo, secondo l’Associazione Medici per l’Ambiente, comporta inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico con conseguenti rischi di malattie cardiovascolari e neoplastiche, inquinamento che si aggiungerebbe all'allarmante degrado ambientale già esistente.
Come influirà l'inquinamento elettromagnetico nel funzionamento delle apparecchiature informatiche in dotazione ai velivoli?
Il fumo delle raffinerie inciderà e in che modo sulla visibilità in fase di atterraggio e decollo?

2) Analisi utenza potenziale
Quale dovrebbe essere il bacino di domanda di questi servizi, in Italia?
Prima di tutto è necessario analizzare la domanda di servizi aeroportuali generata dalla attuale ripartizione amministrativa italiana (alla quale fa riferimento la struttura della rete aeroportuale). La domanda di trasporto aeroportuale è senza dubbio la meno indagata nell’ambito della letteratura trasportistica. La stazionarietà del mercato aereo in Europa, legata a fattori demografici e socio-economici, permette di individuare quali siano le leggi statistiche che legano il numero di passeggeri di un aeroporto al suo bacino di riferimento.
Dato un aeroporto si definisce bacino, lo spazio geografico che gravita su quella struttura. Il numero di passeggeri sarà funzione della popolazione residente, della densità territoriale e del prodotto interno lordo del bacino di riferimento.
Da anni si parla di riduzione del numero degli aeroporti minori aperti al traffico civile nel contesto del piano soprannominato “aeroporti bonsai”. L’obiettivo è il contenimento dei costi del sistema aeroportuale italiano.
Si paventa il probabile ridimensionamento dell’aeroporto di Reggio Calabria (ricordiamo in passato la sponsorizzazione di questo scalo da parte dei politici messinesi che anziché investire in Sicilia e perseguire l'obiettivo di uno scalo nel proprio territorio puntavano sullo scalo reggino, contrariamente a ciò che faceva la stessa Regione Calabria, facendo acquistare a Provincia e Comune quote della Sogas), ciò a dimostrare che l’area non riuscirebbe a sostenere un aeroporto da poco meno di 500.000 passeggeri.
Appare opportuno segnalare che dati di UnionCamere del 2014 rivelano che il break even point (punto in cui uno scalo inizia a guadagnare) attuale di un aeroporto si raggiunge quando lo stesso riesce ad avere un traffico nettamente superiore al milione di passeggeri/anno.
Molti sono gli scali in Italia che si fermano sotto i 500.000 passeggeri/anno.
Purtroppo si segnala il caso di Crotone, che nel 2015 era arrivato a 277.000 passeggeri e il cui scalo è stato chiuso da novembre 2016 (ciò dovrebbe servire da monito).
Ma anche Comiso, che, a quattro anni dall’apertura, nel 2016 è ancora sotto 450.000 passeggeri.
Per non parlare dell’aeroporto dello Stretto, quello di Reggio Calabria e Messina il cui traffico è diminuito dai 650.000 passeggeri del 2006 ai 490.000 del 2015.
L’aeroporto del Mela, a differenza di quello di Comiso, riuscirà in pochi anni a superare il milione di passeggeri/anno?

3) Criticità ipotesi programmatiche
Il progetto di farne un hub del cargo si scontra con la presenza minima di cargo nel grande e maturo aeroporto di Catania (1/130 di Malpensa) e nulla in uno scalo giovane come Comiso che pure è circondato da produttori di primizie che beneficerebbero di tempi rapidi (fiori, pomodori di Pachino e ortofrutta pregiata).
Anche se fatto interamente con soldi privati la realizzazione dello scalo del Mela avrà ripercussioni sugli enti pubblici sia in caso di successo che di fallimento.
In caso di successo, infatti, toglierebbe passeggeri agli aeroporti già in perdita di Reggio Calabria e di Comiso, peggiorando i bilanci degli enti pubblici che li controllano.
In caso di fallimento, con soldi pubblici si dovrà provvedere alla messa in sicurezza del Mela.

4) Acquisizione area di intervento
Il modello base è quello dello scalo di Dubai, in questo caso pur essendoci una piana, non siamo nel deserto e ci sarebbero da mettere in conto i costi degli espropri. Si ricorda che per un precedente progetto del 2007, per lo stesso aeroporto, furono conteggiate in 250 le abitazioni da abbattere e che andrebbero espropriati i terreni utilizzati dalle aziende florovivaistiche ed agricole che costituiscono il vanto della comunità e una delle maggiori fonti di reddito.
Infatti l'area che dovrebbe essere espropriata per essere occupata dall’aeroporto e da tutte le infrastrutture connesse è caratterizzata da un’attività agricola d’eccellenza costituita da rinomate realtà produttive floro-vivaistiche, che rappresentano una fondamentale attività economica del territorio e un importante fattore di occupazione. Un insediamento invasivo e inquinante, come quello progettato, distruggerebbe le attività sui terreni da espropriare e danneggerebbe gravemente quelle degli immediati dintorni.


5) Pianificazione nazionale
Il piano nazionale aeroporti, volto alla razionalizzazione degli scali, ha congelato la costruzione di nuovi aeroporti e previsto la marginalizzazione degli scali minori.
La struttura aeroportuale italiana secondo il più recente Piano Nazionale vede 3 hub principali (Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Venezia Tessera), 10 aeroporti di secondo livello, 18 aeroporti di terzo livello.
Nel quadro strategico nazionale Malpensa e Fiumicino sono equipollenti, con una domanda di circa 62 milioni di passeggeri anno; Tessera ha una domanda prossima ai 50 milioni.
Si noti che questi dati sono riferibili all'applicazione di un modello matematico semplificato: la domanda è quella aggregata sulla città di riferimento.
Secondo questo principio, più aeroporti ci sono più questa domanda si frammenterà: ad esempio, nel nodo di Milano, la compresenza di Linate e Bergamo sottrae traffico a Malpensa. L’aeroporto più vincente è sempre quello che offre l’impedenza minore ovvero il costo di viaggio inferiore rispetto alla città di riferimento (Milano in questo caso). Questo vale per i servizi concorrenti: per quelli unici la scelta è obbligata.
In questo scenario che rilevanza ed economicità potrebbe avere lo scalo del Mela rispetto agli altri aeroporti?
Dovrebbe essere esaminata la conformità e la rispondenza dell’Aeroporto del Mela alla normativa ENAC, il regolamento dell'Ente prevede che il sentiero di salita al decollo deve avere una pendenza massima del 2% e che nessun oggetto penetri il sentiero.
Va sottolineato che il sentiero di salita deve verificare in entrambe le direzioni della pista (nel nostro caso sia lato Messina sia lato Barcellona) perché l’aereo, dopo un mancato atterraggio, deve sempre poter avere la possibilità di ridecollare. Ci domandiamo: è stata fatta una verifica al catasto elettrico per accertare la compatibilità del sentiero di decollo con gli elettrodotti collocati nelle immediate vicinanze delle stazioni di trasformazione “Corriolo” e “Sorgente” di San Filippo del Mela?
Diversi tralicci che sostengono gli oltre 20 elettrodotti (380.000V, 220.000V e 150.000V) in arrivo ed in partenza dalle centrali Corriolo e Sorgente potrebbero costituire un ostacolo alla navigazione aerea perché potrebbero penetrare nel sentiero di decollo.
A questo probabile mancato rispetto del regolamento ENAC dobbiamo aggiungere:
- la possibile interferenza del campo elettromagnetico generato dall’elettrodotto sulla strumentazione attualmente a bordo degli aerei;
- l’esistenza del divieto di sorvolo a bassa quota delle centrali elettriche;
- la presenza di industrie a rischio di catastrofe per effetto domino;
- il divieto di sorvolo della raffineria e della centrale elettrica.


6) Pianificazione regionale
Rischio esondazione, in un’area che già nell’ultimo quinquennio ha subito due alluvioni.
L’opera (una pista lunga 2400 metri e larga 500 più hangar e servizi) è prevista a cavallo – e nel tratto di maggior turbolenza – della fiumara del Mela, la cui “fragilità” a causa degli interventi su esso operati (cave, deviazioni, privatizzazioni, ponti ferroviario e autostradale) ha causato frequenti e devastanti esondazioni; inoltre, data la larghezza di 300 metri del letto, le indispensabili strutture poggerebbero nel greto e di fatto costituirebbero una ulteriore “diga” compromettendo ulteriormente il dissesto idro-geologico in atto; il comprensorio del Mela e della Piana di Milazzo è stato dichiarato “Area ad elevato Rischio di Crisi Ambientale” dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente in data 4/9/2002; la stessa citata dichiarazione e il Piano Paesaggistico adottato con decreto n. 6682 del 29/12/2016 indicano esclusivamente nel risanamento e nelle bonifiche la direttiva di ogni intervento sul territorio; inoltre nel decreto di adozione con riguardo all’osservazione 01/MI presentata dalla Raffineria di Milazzo, si precisa che le direttive e le prescrizioni, che prevalgono immediatamente sulle previsioni dei P.R.G. rimandano ai futuri strumenti, anche settoriali, l’approfondimento e la ricerca delle soluzioni alle problematiche e alle finalità individuate dal Piano nelle aree oggetto di tutela. L’orientamento espresso dal Piano Paesaggistico per le aree industriali in argomento va verso la riconversione progressiva, nel lungo termine e non in modo repentino, a favore di attività, anche industriali che abbiano, però, requisiti volti a ridurre il carico inquinante e a mitigare l’impatto visivo degli impianti escludendo, quindi, il loro potenziamento ed eventuali ampliamenti in aree ancora libere.

7) Controtendenza fattibilità tecnico-economica
Con l’eccezione di un ampliamento della pista di Brescia è dal progetto di Malpensa 2000 che non si costruiscono nuove piste in Italia. Nel caso dell’aeroporto di Comiso si è trattato della conversione di uno scalo militare e la sua sopravvivenza è legata a un legame con Catania in logica di sistema e con la giustificazione degli stop periodici imposti dall’attività vulcanica dell’Etna.

8) Non solo privato
Gli aeroporti, anche se privati, hanno costi pubblici di vigili del fuoco, polizia e assistenti di volo, fattori non considerati nell'analisi, nonostante abbiano bloccato per anni l’apertura di Comiso. Abbiamo visto in precedenza che in ogni caso ci sarebbe una ricaduta sulla finanza pubblica.



9) Giudizi tecnici
Il presidente dell’Enac anche questa volta ha dichiarato di non essere mai stato consultato al riguardo e poi esprimendo alla stampa la sua contrarietà, ha dichiarato: «In Sicilia non si devono fare altri aeroporti perché quelli che ci sono bastano a coprire le esigenze di tutti. Dicono che il costo sarebbe tutto a carico di una holding indiana, ma questo non vuole dire niente: per certe cose bisogna andare al ministero dei Trasporti, poi all’Enac e all'Enav e via di questo passo. Del progetto si è parlato dieci anni fa, abbiamo studiato la situazione e deciso di non fare niente perché il territorio non sarebbe stato in grado di supportare l’aeroporto».

10) Serietà
Non vogliamo bocciare a priori una proposta progettuale, ma la storia è fatta di corsi e ricorsi, si parlò dell’aeroporto per la prima volta nel 1955, alla vigilia delle elezioni regionali, oggi alla vigilia delle prossime elezioni regionali, dopo il fallimento della riproposizione del faraonico ponte sullo Stretto di Messina, rispunta l'aeroporto nella Valle del Mela. Tra storia e leggenda, i nostri vecchi raccontano che in quegli anni venne data la possibilità ai padri e ai nonni degli odierni politici di scegliere tra un aeroporto turistico e una raffineria, da ubicare nella piana di Milazzo... che sviluppo poteva portare un aeroporto? La lungimiranza e l'acume che da sempre contraddistingue (gli interessi, pardon scusate...) le capacità dei nostri politici, fece optare per la raffineria, inaugurata nell'ottobre del 1961.
I danni ambientali e il non ritorno economico per la collettività sono sotto gli occhi di tutti!
Vengono i brividi pensando cosa possa prospettare il futuro!
Quale progetto potrebbe essere previsto pensando una riconversione e riqualificazione dell'area industriale?
La serietà imporrebbe impegni concreti in favore del territorio e non la riproposizione di un inconfutabile errore storico, non continuate a prenderci per i fondelli, perché nel rispetto dei cittadini ricordiamo che errare è umano ma perseverare è diabolico! È finito il tempo delle false promesse! O quantomeno è finita la credibilità di chi prova allegramente a riservire questa minestra riscaldata.
Come possiamo dare credibilità ad una classe politica che in passato ha orientato lo sviluppo di un territorio a vocazione turistica verso degli impianti che ne hanno pregiudicato la valenza e le peculiarità ambientali e paesaggistiche?
Come possiamo dare credibilità a chi millanta le infrastrutture che dovrebbero essere a servizio del nuovo aeroporto, ma che non è stato in grado di assicurare la percorribilità dell'A20 Messina – Palermo, che non è in grado di garantirne la manutenzione, che in prossimità dell'area di ubicazione è riuscito a garantire per oltre un decennio solo il doppio senso di marcia tra le gallerie Tracoccia e Scianina?
Come possiamo dare credibilità a questo sistema di gestione della cosa pubblica quando siamo costretti a percorrere accodandoci in fila indiana il tratto autostradale in prossimità dei nuovi svincoli realizzati a Messina?
Alcuni politici hanno ammonito il Presidente dell'Enac, che si era espresso sulla fattibilità tecnica dell'opera, ricordandogli che sarà la politica ad esprimersi e non i tecnici!
Purtroppo per la Sicilia ciò si è verificato negli ultimi settant'anni (ricorre il 70° anniversario della prima seduta dell'Assemblea della Regione Siciliana)! E quando i tecnici si sono espressi il loro parere probabilmente era asservito al potere.
La politica si esprimerà sulla fattibilità del progetto, probabilmente mossa da interessi economici e/o elettorali, ma lor signori sappiano che sul loro capo pende il giudizio dei cittadini che sarà espresso, anch'esso, politicamente nel prossimo autunno.
A chi non farebbe comodo un aeroporto nell'orto del vicino (vicino, ma non troppo)? Valle del Mela, Torrenova, Caronia, ma ciò potrebbe non essere un'occasione di sviluppo ma potrebbe rappresentare l'ennesimo boomerang per un territorio martoriato all'inconsistenza delle politiche di sviluppo.
Se la tendenza dell'ENAC è quella di chiudere alcuni aeroporti, non autorizzando nuovi scali, perché la politica, anziché utilizzare armi di distrazioni di massa e spostare l'attenzione su progetti proiettati sul lungo termine senza certezza di risultato, non prova a programmare strategicamente delle soluzioni più semplici e immediate, alle volte anche a costi più bassi, per soddisfare esigenze concrete, come quella della rete delle infrastrutture pubbliche che servono alla normale mobilità dei cittadini?
Se il progetto dell'aeroporto del Mela, come sostiene l’ENAC, non è sostenibile economicamente, finirà inevitabilmente per fallire lasciando il territorio devastato e impoverito. Gli unici che ne godranno saranno le ditte che realizzeranno l’opera.


L'alternativa?
Valorizzare gli aeroporti esistenti, ivi compreso quello dello Stretto, che a breve vedrà anche l'abbandono della principale compagnia di bandiera nazionale, potenziare i servizi di collegamento e richiedere un aumento del numero di voli al fine di rendere più competitivi gli scali, un nuovo aeroporto non farebbe altro che frazionare ulteriormente un'utenza insufficiente a soddisfare la necessità economica degli aeroporti esistenti.
Quanta strada deve fare un cittadino di Milano per arrivare a Malpensa?
Uno di Roma per arrivare a Fiumicino?
Quanto dista Gatwick da Londra? Parigi dal suo aeroporto?
Tutti esempi con un bacino d'utenza non paragonabile, ma forse con un sistema di servizi di collegamento molto più efficienti! Con una pianificazione strutturale ottimizzata!
Forse adesso ci rendiamo conto di quanto possono essere vicini gli aeroporti di Reggio Calabria, Catania e Palermo.
Un'ipotesi progettuale accettabile e da prendere seriamente in considerazione per i risvolti strategici e di riqualificazione ambientale potrebbe essere quella di realizzare un terminal aeroportuale cittadino nell'area della Stazione marittima, questo terminal-point sarebbe destinato al check-in e all'imbarco bagagli e dovrebbe essere collegato a Reggio Calabria da un sistema di collegamento marittimo veloce, così da ridurre i tempi di attesa, ciò consentirebbe all'aeroporto dello Stretto, che non può più espandersi per limiti strutturali di diventare l'aeroporto cittadino di Messina e Reggio Calabria. Contemporaneamente andrebbero migliorati i collegamenti stradali con Fontanarossa, ad esempio non può ritenersi ammissibile l'intervento tampone di messa in sicurezza realizzato sulla A18 che determina la chiusura a tempo indeterminato di una carreggiata.
Non è più realistico utilizzare e ottimizzare le strutture che sono già a nostra disposizione, potenziandole e rendendole efficienti rispetto ai effettivi bisogni dei cittadini?

Ma forse questo è solo buon senso!