Titolo: Realizzazione
di un aeroporto privato, civile e cargo, come base logistica di
scambio transcontinentale con i paesi dell’Oriente.
Sottotitolo: A volte
ritornano!
Con scadenza quasi
elettorale si torna a parlare della costruzione di un nuovo aeroporto
nella valle del Mela o nella zona dei Nebrodi (Torrenova, Caronia),
riteniamo che il confronto sia sempre produttivo, soprattutto per
alimentare un dibattito che affronti lo sviluppo strategico
dell'economia messinese e siciliana.
Dell’aeroporto del Mela
si parlò per la prima volta nel 1955, cioè quando, il 17 aprile, il
Governo Regionale presieduto dall’on. Franco Restivo deliberò lo
stanziamento di un miliardo e 100 milioni di lire per la costruzione
di un moderno aeroporto nella zona litoranea di Milazzo.
Eravamo alla vigilia
delle terze elezioni regionali che si svolsero il 5 giugno 1955.
Lo scalo programmato
venne presentato dalla stampa come aeroporto di Messina.
In
quel periodo l’unico collegamento stradale di Messina con la zona
tirrenica era costituito dalla strada statale settentrionale sicula
113, che attraversava i colli San Rizzo, per cui si cominciò ad
ipotizzare la costruzione di un tunnel di 1,5 Km. per raggiungere
agevolmente la zona del futuro aeroporto.
Ma proprio nel 1955 a
Messina venne varato il primo aliscafo per cui le città di Messina e
di Reggio Calabria furono collegate in pochi minuti, per cui mentre
l’unico collegamento stradale del capoluogo con la riviera
tirrenica era difficoltoso, Reggio adesso era vicinissima e
l’aeroporto più naturale per Messina apparve quello di Reggio
Calabria che era in fase di trasformazione per divenire civile.
Negli anni successivi le
Camere di Commercio, le amministrazioni comunali e provinciali di
Reggio Calabria e Messina si consorziarono per la gestione
dell’aeroporto che venne denominato “Aeroporto dello Stretto”.
Ma perché in Sicilia,
dove sono localizzati quattro aeroporti sull’isola (Catania,
Comiso, Palermo, Trapani) e due nelle isole minori di Lampedusa e
Pantelleria, in maniera ricorrente saltano fuori progetti per nuovi
aeroporti?
Come dimenticare, tra il 2009 e il 2010, gli svizzeri che spinti da noti politici volevano investire per l’aeroporto di Agrigento. Poi toccò ai cinesi, a Enna. In quell'occasione la cosa sembrò anche più seria. Lo scalo avrebbe dovuto essere destinato al cargo e tutti i costi sarebbero stati a carico degli investitori stranieri. Come poi successe a Parma, dove doveva rinascere l’aeroporto della Food Valley emiliana, i cinesi poi si eclissarono. Era tutto un sogno, anzi, una concretezza, anche allora: 5 chilometri di piste, un costo stimato in 300 milioni di euro per un aeroporto intercontinentale a Centuripe, a pochi chilometri da Enna e da Catania, vicino al porto di Augusta.
Come dimenticare, tra il 2009 e il 2010, gli svizzeri che spinti da noti politici volevano investire per l’aeroporto di Agrigento. Poi toccò ai cinesi, a Enna. In quell'occasione la cosa sembrò anche più seria. Lo scalo avrebbe dovuto essere destinato al cargo e tutti i costi sarebbero stati a carico degli investitori stranieri. Come poi successe a Parma, dove doveva rinascere l’aeroporto della Food Valley emiliana, i cinesi poi si eclissarono. Era tutto un sogno, anzi, una concretezza, anche allora: 5 chilometri di piste, un costo stimato in 300 milioni di euro per un aeroporto intercontinentale a Centuripe, a pochi chilometri da Enna e da Catania, vicino al porto di Augusta.
Emerge la volatilità di
questa proposta progettuale!
Trecento milioni,
vicinanza alle ferrovie, imprenditore straniero pronto a investire:
sono gli ingredienti del nuovo scalo di Messina.
I soldi li metterà un
imprenditore indiano e il
modello è l’aeroporto di Dubai, un esempio da 78
milioni di passeggeri, giusto l’hub di Emirates. I lavoratori
saranno 1.500 e con l’indotto si arriverà a 5.000. Tutto questo
sorgerà nella vale del Mela, vicino Milazzo. Da quotidiani si legge
che l’opera (...suggeriscono...) si innesta in maniera armonica con
porto, svincoli autostradali e ferrovia, sarà costruita nel tempo
record di 18 mesi, non avrà alcun impatto sul territorio e sarà
autonoma dal punto di vista energetico, visto che sarà circondata da
centinaia di pannelli solari.
Per molti un sogno! La
prospettiva per innescare un nuovo indotto economico.
Per alcuni una
“concretezza”! Dimostrata dagli studi di settore svolti dalla
società indiana nella provincia negli ultimi quattro anni, ma
soprattutto avallata e sponsorizzata dal Governo regionale e dai big
politici messinesi.
Di contro alcune
associazioni locali affermano che si tratterebbe di un’operazione
commerciale, che peraltro, da quel che è possibile capire, solo
subordinatamente consentirebbe alcuni voli civili e turistici.
Secondo gli oppositori
viene proposta, ancora una volta, un’operazione demagogicamente
definita moderna, foriera di occupazione e sviluppo, i cui contorni
non sono interamente esplicitati. Ciò mentre aeroporti, soprattutto
meridionali, di pari dimensioni vengono chiusi o ridimensionati.
Sintetizzate le posizioni proponiamo una breve analisi (10 comandamenti per far volare i sogni).
1) Sicurezza e
fattibilità economica
La zona non ha
sufficienti attività industriali che giustifichino l’investimento.
Però, la zona interessata è ubicata in linea d’aria a breve
distanza da un’area industriale comprendente grandi complessi come
la Raffineria di Milazzo e la Centrale Termoelettrica con conseguenti
gravi rischi per la sicurezza.
La localizzazione
dell’opera è prevista in una zona molto antropizzata per la
presenza di contrade fitte di abitazioni, e il trasporto aereo,
secondo l’Associazione Medici per l’Ambiente, comporta
inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico con
conseguenti rischi di malattie cardiovascolari e neoplastiche,
inquinamento che si aggiungerebbe all'allarmante degrado ambientale
già esistente.
Come influirà
l'inquinamento elettromagnetico nel funzionamento delle
apparecchiature informatiche in dotazione ai velivoli?
Il fumo delle raffinerie
inciderà e in che modo sulla visibilità in fase di atterraggio e
decollo?
2) Analisi utenza
potenziale
Quale
dovrebbe essere il bacino
di domanda
di questi servizi, in Italia?
Prima
di tutto è necessario analizzare la domanda di servizi aeroportuali
generata dalla attuale ripartizione amministrativa italiana (alla
quale fa riferimento la struttura della rete aeroportuale). La
domanda di trasporto aeroportuale è senza dubbio la meno indagata
nell’ambito della letteratura trasportistica. La stazionarietà del
mercato aereo in Europa, legata a fattori demografici e
socio-economici, permette di individuare quali siano le leggi
statistiche che legano il numero di passeggeri di un aeroporto al suo
bacino di riferimento.
Dato
un aeroporto si definisce bacino, lo spazio geografico che gravita su
quella struttura. Il numero di passeggeri sarà funzione della
popolazione residente, della densità territoriale e del prodotto
interno lordo del bacino di riferimento.
Da
anni si parla di riduzione del numero degli aeroporti minori aperti
al traffico civile nel contesto del piano soprannominato “aeroporti
bonsai”. L’obiettivo è il contenimento dei costi del sistema
aeroportuale italiano.
Si paventa il probabile
ridimensionamento dell’aeroporto di Reggio Calabria (ricordiamo in
passato la sponsorizzazione di questo scalo da parte dei politici
messinesi che anziché investire in Sicilia e perseguire l'obiettivo
di uno scalo nel proprio territorio puntavano sullo scalo reggino,
contrariamente a ciò che faceva la stessa Regione Calabria, facendo
acquistare a Provincia e Comune quote della Sogas), ciò a dimostrare
che l’area non riuscirebbe a sostenere un aeroporto da poco meno di
500.000 passeggeri.
Appare opportuno
segnalare che dati di UnionCamere del 2014 rivelano che il break even
point (punto in cui uno scalo inizia a
guadagnare) attuale di un aeroporto si raggiunge quando lo stesso
riesce ad avere un traffico nettamente superiore al milione di
passeggeri/anno.
Molti
sono gli scali in Italia che si fermano sotto i 500.000
passeggeri/anno.
Purtroppo si segnala il
caso di Crotone, che nel 2015 era arrivato a 277.000 passeggeri e il
cui scalo è stato chiuso da novembre 2016 (ciò dovrebbe servire da
monito).
Ma anche Comiso, che, a
quattro anni dall’apertura, nel 2016 è ancora sotto 450.000
passeggeri.
Per non parlare
dell’aeroporto dello Stretto, quello di Reggio Calabria e Messina
il cui traffico è diminuito dai 650.000 passeggeri del 2006 ai
490.000 del 2015.
L’aeroporto
del Mela, a differenza di quello di Comiso, riuscirà in pochi anni a
superare il milione di passeggeri/anno?
3) Criticità ipotesi
programmatiche
Il progetto di farne un
hub del cargo si scontra con la presenza
minima di cargo nel grande e maturo aeroporto di Catania (1/130 di
Malpensa) e nulla in uno scalo giovane come Comiso che
pure è circondato da produttori di primizie che beneficerebbero di
tempi rapidi (fiori, pomodori di Pachino e ortofrutta pregiata).
Anche se fatto
interamente con soldi privati la realizzazione dello scalo del Mela
avrà ripercussioni sugli enti pubblici sia in caso di successo che
di fallimento.
In caso di successo,
infatti, toglierebbe passeggeri agli aeroporti già in perdita di
Reggio Calabria e di Comiso, peggiorando i bilanci degli enti
pubblici che li controllano.
In caso di fallimento,
con soldi pubblici si dovrà provvedere alla messa in sicurezza del
Mela.
4) Acquisizione area di
intervento
Il modello base è quello
dello scalo di Dubai, in questo caso pur essendoci una piana, non
siamo nel deserto e ci sarebbero da mettere in conto i costi degli
espropri. Si ricorda che per un precedente progetto
del 2007, per lo stesso aeroporto, furono conteggiate in 250 le
abitazioni da abbattere e che andrebbero espropriati i terreni
utilizzati dalle aziende florovivaistiche ed agricole che
costituiscono il vanto della comunità e una delle maggiori fonti di
reddito.
Infatti
l'area che dovrebbe essere espropriata per essere occupata
dall’aeroporto e da tutte le infrastrutture connesse è
caratterizzata da un’attività agricola d’eccellenza costituita
da rinomate realtà produttive floro-vivaistiche, che rappresentano
una fondamentale attività economica del territorio e un importante
fattore di occupazione. Un insediamento invasivo e inquinante, come
quello progettato, distruggerebbe le attività sui terreni da
espropriare e danneggerebbe gravemente quelle degli immediati
dintorni.
Il piano nazionale
aeroporti, volto alla razionalizzazione degli scali, ha congelato la
costruzione di nuovi aeroporti e previsto la marginalizzazione degli
scali minori.
La
struttura aeroportuale italiana secondo il più recente Piano
Nazionale vede 3 hub principali (Roma Fiumicino, Milano Malpensa e
Venezia Tessera), 10 aeroporti di secondo livello, 18 aeroporti di
terzo livello.
Nel
quadro strategico nazionale Malpensa e Fiumicino sono equipollenti,
con una domanda di circa 62 milioni di passeggeri anno; Tessera ha
una domanda prossima ai 50 milioni.
Si
noti che questi dati sono riferibili all'applicazione di un modello
matematico semplificato: la domanda è quella aggregata sulla città
di riferimento.
Secondo
questo principio, più aeroporti ci sono più questa domanda si
frammenterà: ad esempio, nel nodo di Milano, la compresenza di
Linate e Bergamo sottrae traffico a Malpensa. L’aeroporto più
vincente è sempre quello che offre l’impedenza minore ovvero il
costo di viaggio inferiore rispetto alla città di riferimento
(Milano in questo caso). Questo vale per i servizi concorrenti: per
quelli unici la scelta è obbligata.
In
questo scenario che rilevanza ed economicità potrebbe avere lo scalo
del Mela rispetto agli altri aeroporti?
Dovrebbe
essere esaminata la conformità e la rispondenza dell’Aeroporto del
Mela alla normativa ENAC, il regolamento dell'Ente prevede che il
sentiero di salita al decollo deve avere una pendenza massima del 2%
e che nessun oggetto penetri il sentiero.
Va
sottolineato che il sentiero di salita deve verificare in entrambe le
direzioni della pista (nel nostro caso sia lato Messina sia lato
Barcellona) perché l’aereo, dopo un mancato atterraggio, deve
sempre poter avere la possibilità di ridecollare. Ci domandiamo: è
stata fatta una verifica al catasto elettrico per accertare la
compatibilità del sentiero di decollo con gli elettrodotti collocati
nelle immediate vicinanze delle stazioni di trasformazione “Corriolo”
e “Sorgente” di San Filippo del Mela?
Diversi
tralicci che sostengono gli oltre 20 elettrodotti (380.000V, 220.000V
e 150.000V) in arrivo ed in partenza dalle centrali Corriolo e
Sorgente potrebbero costituire un ostacolo alla navigazione aerea
perché potrebbero penetrare nel sentiero di decollo.
A
questo probabile mancato rispetto del regolamento ENAC dobbiamo
aggiungere:
-
la possibile interferenza del campo elettromagnetico generato
dall’elettrodotto sulla strumentazione attualmente a bordo degli
aerei;
-
l’esistenza del divieto di sorvolo a bassa quota delle centrali
elettriche;
-
la presenza di industrie a rischio di catastrofe per effetto domino;
-
il divieto di sorvolo della raffineria e della centrale elettrica.
6)
Pianificazione regionale
Rischio
esondazione, in un’area che già nell’ultimo quinquennio ha
subito due alluvioni.
L’opera
(una pista lunga 2400 metri e larga 500 più hangar e servizi) è
prevista a cavallo – e nel tratto di maggior turbolenza – della
fiumara del Mela, la cui “fragilità” a causa degli interventi su
esso operati (cave, deviazioni, privatizzazioni, ponti ferroviario e
autostradale) ha causato frequenti e devastanti esondazioni; inoltre,
data la larghezza di 300 metri del letto, le indispensabili strutture
poggerebbero nel greto e di fatto costituirebbero una ulteriore
“diga” compromettendo ulteriormente il dissesto idro-geologico in
atto; il comprensorio del Mela e della Piana di Milazzo è stato
dichiarato “Area ad elevato Rischio di Crisi Ambientale”
dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente in data 4/9/2002;
la stessa citata dichiarazione e il Piano Paesaggistico adottato con
decreto n. 6682 del 29/12/2016 indicano esclusivamente nel
risanamento e nelle bonifiche la direttiva di ogni intervento sul
territorio; inoltre nel decreto di adozione con riguardo
all’osservazione 01/MI presentata dalla Raffineria di Milazzo, si
precisa che le direttive e le prescrizioni, che prevalgono
immediatamente sulle previsioni dei P.R.G. rimandano ai futuri
strumenti, anche settoriali, l’approfondimento e la ricerca delle
soluzioni alle problematiche e alle finalità individuate dal Piano
nelle aree oggetto di tutela. L’orientamento espresso dal Piano
Paesaggistico per le aree industriali in argomento va verso la
riconversione progressiva, nel lungo termine e non in modo repentino,
a favore di attività, anche industriali che abbiano, però,
requisiti volti a ridurre il carico inquinante e a mitigare l’impatto
visivo degli impianti escludendo, quindi, il loro potenziamento ed
eventuali ampliamenti in aree ancora libere.
7)
Controtendenza fattibilità tecnico-economica
Con
l’eccezione di un ampliamento della pista di Brescia è dal
progetto di Malpensa 2000 che non si costruiscono nuove piste in
Italia. Nel caso dell’aeroporto di Comiso si è trattato della
conversione di uno scalo militare e la sua sopravvivenza è legata a
un legame con Catania in logica di sistema e con la giustificazione
degli stop periodici imposti dall’attività vulcanica dell’Etna.
8)
Non solo privato
Gli
aeroporti, anche se privati, hanno costi pubblici di vigili del
fuoco, polizia e assistenti di volo, fattori non considerati
nell'analisi, nonostante abbiano bloccato per anni l’apertura di
Comiso. Abbiamo visto in precedenza che in ogni caso ci sarebbe una
ricaduta sulla finanza pubblica.
9) Giudizi tecnici
Il presidente dell’Enac
anche questa volta ha dichiarato di non essere mai stato consultato
al riguardo e poi esprimendo alla stampa la sua contrarietà, ha
dichiarato: «In Sicilia non si devono fare altri aeroporti perché
quelli che ci sono bastano a coprire le esigenze di tutti. Dicono che
il costo sarebbe tutto a carico di una holding indiana, ma questo non
vuole dire niente: per certe cose bisogna andare al ministero dei
Trasporti, poi all’Enac e all'Enav e via di questo passo. Del
progetto si è parlato dieci anni fa, abbiamo studiato la situazione
e deciso di non fare niente perché il territorio non sarebbe stato
in grado di supportare l’aeroporto».
10) Serietà
Non vogliamo bocciare a
priori una proposta progettuale, ma la storia è fatta di corsi e
ricorsi, si parlò dell’aeroporto per
la prima volta nel 1955, alla vigilia delle elezioni regionali, oggi
alla vigilia delle prossime elezioni regionali, dopo il fallimento
della riproposizione del faraonico ponte sullo Stretto di Messina,
rispunta l'aeroporto nella Valle del Mela. Tra storia e
leggenda, i nostri vecchi raccontano che in quegli anni venne data la
possibilità ai padri e ai nonni degli odierni politici di scegliere
tra un aeroporto turistico e una raffineria, da ubicare nella piana
di Milazzo... che sviluppo poteva portare un aeroporto? La
lungimiranza e l'acume che da sempre contraddistingue (gli interessi,
pardon scusate...) le capacità dei nostri politici, fece optare per
la raffineria, inaugurata nell'ottobre del 1961.
I danni ambientali e il
non ritorno economico per la collettività sono sotto gli occhi di
tutti!
Vengono i brividi
pensando cosa possa prospettare il futuro!
Quale progetto potrebbe
essere previsto pensando una riconversione e riqualificazione
dell'area industriale?
La serietà imporrebbe
impegni concreti in favore del territorio e non la riproposizione di
un inconfutabile errore storico, non continuate a prenderci per i
fondelli, perché nel rispetto dei cittadini ricordiamo che errare è
umano ma perseverare è diabolico! È finito il tempo delle false
promesse! O quantomeno è finita la credibilità di chi prova
allegramente a riservire questa minestra riscaldata.
Come possiamo dare
credibilità ad una classe politica che in passato ha orientato lo
sviluppo di un territorio a vocazione turistica verso degli impianti
che ne hanno pregiudicato la valenza e le peculiarità ambientali e
paesaggistiche?
Come possiamo dare
credibilità a chi millanta le infrastrutture che dovrebbero essere a
servizio del nuovo aeroporto, ma che non è stato in grado di
assicurare la percorribilità dell'A20 Messina – Palermo, che non è
in grado di garantirne la manutenzione, che in prossimità dell'area
di ubicazione è riuscito a garantire per oltre un decennio solo il
doppio senso di marcia tra le gallerie Tracoccia e Scianina?
Come possiamo dare
credibilità a questo sistema di gestione della cosa pubblica quando
siamo costretti a percorrere accodandoci in fila indiana
il tratto autostradale in prossimità dei nuovi svincoli realizzati a
Messina?
Alcuni politici hanno
ammonito il Presidente dell'Enac, che si era espresso sulla
fattibilità tecnica dell'opera, ricordandogli che sarà la politica
ad esprimersi e non i tecnici!
Purtroppo per la Sicilia
ciò si è verificato negli ultimi settant'anni (ricorre il 70°
anniversario della prima seduta dell'Assemblea della Regione
Siciliana)! E quando i tecnici si sono espressi il loro parere
probabilmente era asservito al potere.
La politica si esprimerà
sulla fattibilità del progetto, probabilmente mossa da interessi
economici e/o elettorali, ma lor signori sappiano che sul loro capo
pende il giudizio dei cittadini che sarà espresso, anch'esso,
politicamente nel prossimo autunno.
A chi non farebbe comodo
un aeroporto nell'orto del vicino (vicino, ma non troppo)? Valle del
Mela, Torrenova, Caronia, ma ciò potrebbe non essere un'occasione di
sviluppo ma potrebbe rappresentare l'ennesimo boomerang per un
territorio martoriato all'inconsistenza delle politiche di sviluppo.
Se la tendenza dell'ENAC
è quella di chiudere alcuni aeroporti, non autorizzando nuovi scali,
perché la politica, anziché utilizzare armi di distrazioni di massa
e spostare l'attenzione su progetti proiettati sul lungo termine
senza certezza di risultato, non prova a programmare strategicamente
delle soluzioni più semplici e immediate, alle volte anche a costi
più bassi, per soddisfare esigenze concrete, come quella della rete
delle infrastrutture pubbliche che servono alla normale mobilità dei
cittadini?
Se il progetto
dell'aeroporto del Mela, come sostiene l’ENAC, non è sostenibile
economicamente, finirà inevitabilmente per fallire lasciando il
territorio devastato e impoverito. Gli unici che ne godranno saranno
le ditte che realizzeranno l’opera.
L'alternativa?
L'alternativa?
Valorizzare gli aeroporti
esistenti, ivi compreso quello dello Stretto, che a breve vedrà
anche l'abbandono della principale compagnia di bandiera nazionale,
potenziare i servizi di collegamento e richiedere un aumento del
numero di voli al fine di rendere più competitivi gli scali, un
nuovo aeroporto non farebbe altro che frazionare ulteriormente
un'utenza insufficiente a soddisfare la necessità economica degli
aeroporti esistenti.
Quanta strada deve fare
un cittadino di Milano per arrivare a Malpensa?
Uno di Roma per arrivare
a Fiumicino?
Quanto dista Gatwick da
Londra? Parigi dal suo aeroporto?
Tutti esempi con un
bacino d'utenza non paragonabile, ma forse con un sistema di servizi
di collegamento molto più efficienti! Con una pianificazione
strutturale ottimizzata!
Forse adesso ci rendiamo
conto di quanto possono essere vicini gli aeroporti di Reggio
Calabria, Catania e Palermo.
Un'ipotesi progettuale
accettabile e da prendere seriamente in considerazione per i risvolti
strategici e di riqualificazione ambientale potrebbe essere quella di
realizzare un terminal aeroportuale cittadino nell'area della
Stazione marittima, questo terminal-point sarebbe destinato al
check-in e all'imbarco bagagli e dovrebbe essere collegato a Reggio
Calabria da un sistema di collegamento marittimo veloce, così da
ridurre i tempi di attesa, ciò consentirebbe all'aeroporto dello
Stretto, che non può più espandersi per limiti strutturali di
diventare l'aeroporto cittadino di Messina e Reggio Calabria.
Contemporaneamente andrebbero migliorati i collegamenti stradali con
Fontanarossa, ad esempio non può ritenersi ammissibile l'intervento
tampone di messa in sicurezza realizzato sulla A18 che determina la
chiusura a tempo indeterminato di una carreggiata.
Non è più realistico
utilizzare e ottimizzare le strutture che sono già a nostra
disposizione, potenziandole e rendendole efficienti rispetto ai
effettivi bisogni dei cittadini?
Ma forse questo è solo
buon senso!