martedì 24 giugno 2014

VeroSimilMenti_re


Sant’Agostino nella sua disquisizione sulla “Menzogna” offre la possibilità di riflettere in maniera dolcemente complicata sul significato etico del termine, sull’interpretazione “conveniente” che si suole dare allo stesso a “giustificazione” dell’uso improprio delle parole nell’atto del circuire.
«Succede infatti che noi a cuor leggero chiamiamo menzogna ciò che menzogna non è, mentre poi riteniamo lecito il mentire quando si tratta di una menzogna giustificata, come quando è detta a fin di bene o per misericordia».
 
La trattazione ci propone ampi margini di meditazione:
«A questo punto ci si potrebbe chiedere (ma si tratta d’una questione quanto mai sottile!) se quando manca l’intenzione di trarre in inganno, manchi del tutto anche la menzogna.
Chi mente?, colui che asserisce il falso con l’intento di non ingannare o colui che dice il vero con il proposito di ingannare?»
Mi capita spesso di leggere in atti pubblici la cronistoria degli eventi, raccontata con una semplicità disarmante, tanto semplice e disarmante da nascondere delle palesi ovvietà e marchiani errori nella procedura amministrativa.
Un resoconto atto a giustificare numeri e quantità, che per nascondere delle evidenti grossolane e sconvenienti scelte, accende l’obiettivo su altre criticità essendo quest’ultime soggettive e plausibili di spiegazione.
Il non condivisibile viene indirettamente citato, si riportano palesemente le norme atte a legittimare il comportamento assunto, ma prendendo di esse solo ciò che serve a giustificare, non considerando gli obblighi che lo stesso dettato normativo ci impone.
Con la semplicità si nasconde la verità? Il non legittimo.


Ciò significa mistificare la verità…mentire! Perché due sono i modi principali in cui si può mentire: dissimulare e falsificare. Chi dissimula, come in questo caso, non dice nulla di falso, si limita solo a nascondere determinate informazioni, o a dire parte di esse facendo credere e presentandole come delle ovvie verità, quando non lo sono. Chi falsifica, non solo tace l’informazione vera, ma addirittura arriva a spacciare per vera una informazione falsa. La maggior parte delle persone non si sognerebbe mai di considerare la dissimulazione una menzogna, riservando tale termine solo all’atto più spudorato della falsificazione.
Nella dissimulazione, nella celata verità, viene solo taciuta un’informazione e, comunque, se essa viene taciuta consapevolmente ed intenzionalmente, costituisce sempre una bugia.
I ragazzi, molto più onesti degli adulti, riconoscono che tenere nascosta la verità è una forma di menzogna.
Potendo scegliere tra dissimulazione e falsificazione, di solito si predilige la prima, anche perché nascondere qualcosa riesce più facile che dire il falso, rischiando di essere scoperti. Inoltre la dissimulazione appare meno biasimevole.
Ma dissimulare in un atto pubblico cosa comporta? Vedere l’incoerenza degli atti pubblicati sui siti istituzionali di molti enti pubblici, la loro mancanza di trasparenza e l’arroganza con cui, probabilmente credendo di essere nel giusto, si soggiace alla logica burocratica del non dire… ciò è confacente ad una buona aMMINISTRAZIONE?
Da un’indagine pubblicata sulla rivista “Riza Psicosomatica” già nel 1997 emergeva brillantemente che gli italiani sono un popolo di bugiardi: mentono le donne, che utilizzano la bugia, spesso in campo sentimentale; mentono gli uomini, soprattutto in campo professionale.
I gesti tipici che consentono di smascherare il bugiardo, secondo gli esperti della rivista sono:
- sorridere in modo asimmetrico senza muovere i muscoli del viso;
- toccarsi il lobo dell’orecchio o il naso in segno di disagio;
- lisciarsi i capelli all’indietro;
- coprirsi la bocca con le mani;
- muovere una gamba oppure tenere gambe e braccia incrociate;
- stare seduti sul bordo della sedia.
Aggiungerei: non guardare negli occhi quando si dialoga.
Tutto questo panegirico perché avrei tanta voglia di raccontare ciò che leggo tra le righe, ma il mio senso di correttezza mi consiglia di pazientare… ma ogni pazienza ha un limite o come direbbe il Principe Antonio De Curtis: «ogni limite ha una pazienza», battuta, come tante altre, attraverso la quale la logica è resa volutamente incongruente allo scopo di imprimere ad essa un effetto comico che non ci sarebbe stato se fosse stata detta normalmente Del resto l’incongruenza, e cioè la mancanza di consequenzialità tra ciò che si dice e ciò che si vuole intendere, è una delle caratteristiche fondamentali della comicità dell’attuale sistema politico-amministrativo, dove la trasparenza spesso non è trasparente, i termini fissati dalla legge sono ridefinibili e utilizzabili a proprio consumo, gli stessi atti al loro interno si contraddicono e basta utilizzare il termine “urgenza” per sopperire impropriamente ai principi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento.
La menzogna e la Verità stanno alla base della Teoria del Complotto (o della cospirazione) ovvero di quella dottrina che attribuisce la causa prima di un evento o di una catena di eventi (solitamente politici, economici, sociali e delle volte anche naturali) a un complotto o una cospirazione.
Questo tipo di ricostruzione sovverte spesso il senso comune o la verità comunemente accettata, spesso chi nasconde la Verità nella propria verità, è consapevole delle proprie azioni, ma commette l’errore di sottovalutare l’intelligenza altrui, ma quasi sempre l’umiltà non è di noi umani, che per pontificare il nostro operato vediamo le pagliuzze presenti nell’occhio degli altri, non accorgendoci della trave che offusca la nostra vista.


Un’ultima considerazione o forse un consiglio (nonostante la riluttanza a dispensarne), per la teoria del complotto quando ad esempio si viene beccati a sbirciare nel buco della serratura del bagno o in altri atteggiamenti simili, si può tranquillamente affermare che gli alieni, tramite un sistema di controllo mentale remoto, ancora sconosciuto agli umani, ci hanno forzati a intraprendere questa azione riprovevole, ma adesso che siamo tornati in noi stessi stenderemo un trattato, precisando i fenomeni premonitori, onde evitare che i nostri concittadini possano subire una simile espropriazione della loro incommensurabile decenza.