Sant’Agostino nella sua
disquisizione sulla “Menzogna” offre la possibilità di riflettere in
maniera dolcemente complicata sul significato etico del termine,
sull’interpretazione “conveniente” che si suole dare allo stesso a “giustificazione”
dell’uso improprio delle parole nell’atto del circuire.
«Succede infatti che noi a
cuor leggero chiamiamo menzogna ciò che menzogna non è, mentre poi riteniamo
lecito il mentire quando si tratta di una menzogna giustificata, come quando è
detta a fin di bene o per misericordia».
La trattazione ci propone ampi
margini di meditazione:
«A questo punto ci si potrebbe
chiedere (ma si tratta d’una questione quanto mai sottile!) se quando manca
l’intenzione di trarre in inganno, manchi del tutto anche la menzogna.
Chi mente?, colui che asserisce il falso con l’intento di non ingannare
o colui che dice il vero con il proposito di ingannare?»
Mi capita spesso di leggere in
atti pubblici la cronistoria degli eventi, raccontata con una semplicità
disarmante, tanto semplice e disarmante da nascondere delle palesi ovvietà e
marchiani errori nella procedura amministrativa.
Un resoconto atto a giustificare
numeri e quantità, che per nascondere delle evidenti grossolane e sconvenienti
scelte, accende l’obiettivo su altre criticità essendo quest’ultime soggettive
e plausibili di spiegazione.
Il non condivisibile viene
indirettamente citato, si riportano palesemente le norme atte a legittimare il
comportamento assunto, ma prendendo di esse solo ciò che serve a giustificare,
non considerando gli obblighi che lo stesso dettato normativo ci impone.
Con la semplicità si nasconde la
verità? Il non legittimo.
Ciò significa mistificare la
verità…mentire! Perché due sono i modi
principali in cui si può mentire: dissimulare e falsificare.
Chi dissimula, come in questo caso, non dice nulla di falso, si limita solo a
nascondere determinate informazioni, o a dire parte di esse facendo credere e
presentandole come delle ovvie verità, quando non lo sono. Chi falsifica, non
solo tace l’informazione vera, ma addirittura arriva a spacciare per vera una
informazione falsa. La maggior parte delle persone non si sognerebbe mai di
considerare la dissimulazione una menzogna, riservando tale termine solo
all’atto più spudorato della falsificazione.
Nella dissimulazione, nella celata verità, viene solo taciuta un’informazione
e, comunque, se essa viene taciuta consapevolmente ed intenzionalmente,
costituisce sempre una bugia.
I ragazzi, molto più onesti degli adulti, riconoscono che tenere
nascosta la verità è una forma di menzogna.
Potendo scegliere tra dissimulazione e falsificazione, di solito si predilige
la prima, anche perché nascondere qualcosa riesce più facile che dire il falso,
rischiando di essere scoperti. Inoltre la dissimulazione appare meno biasimevole.
Ma dissimulare in un atto
pubblico cosa comporta? Vedere l’incoerenza degli atti pubblicati sui siti
istituzionali di molti enti pubblici, la loro mancanza di trasparenza e
l’arroganza con cui, probabilmente credendo di essere nel giusto, si soggiace
alla logica burocratica del non dire… ciò è confacente ad una buona
aMMINISTRAZIONE?
Da un’indagine pubblicata sulla
rivista “Riza Psicosomatica” già nel 1997 emergeva brillantemente che gli
italiani sono un popolo di bugiardi: mentono le donne, che utilizzano la bugia,
spesso in campo sentimentale; mentono gli uomini, soprattutto in campo
professionale.
I gesti tipici che consentono di
smascherare il bugiardo, secondo gli esperti della rivista sono:
- sorridere in modo asimmetrico
senza muovere i muscoli del viso;
- toccarsi il lobo dell’orecchio
o il naso in segno di disagio;
- lisciarsi i capelli all’indietro;
- coprirsi la bocca con le mani;
- muovere una gamba oppure tenere
gambe e braccia incrociate;
- stare seduti sul bordo della
sedia.
Aggiungerei: non guardare negli
occhi quando si dialoga.
Tutto questo panegirico perché
avrei tanta voglia di raccontare ciò che leggo tra le righe, ma il mio senso di
correttezza mi consiglia di pazientare… ma ogni pazienza ha un limite o come
direbbe il Principe Antonio De Curtis: «ogni limite ha una pazienza», battuta, come tante altre, attraverso la
quale la logica è resa volutamente incongruente allo scopo di imprimere ad essa
un effetto comico che non ci sarebbe stato se fosse stata detta normalmente Del resto l’incongruenza, e
cioè la mancanza di consequenzialità tra ciò che si dice e ciò che si vuole
intendere, è una delle caratteristiche fondamentali della comicità dell’attuale
sistema politico-amministrativo, dove la trasparenza spesso non è trasparente,
i termini fissati dalla legge sono ridefinibili e utilizzabili a proprio
consumo, gli stessi atti al loro interno si contraddicono e basta utilizzare il
termine “urgenza” per sopperire impropriamente ai principi di trasparenza,
rotazione e parità di trattamento.
La menzogna e la Verità stanno
alla base della Teoria del Complotto (o della cospirazione) ovvero di quella
dottrina che attribuisce la causa prima di un evento o di una catena di eventi
(solitamente politici, economici, sociali e delle volte anche naturali) a un
complotto o una cospirazione.
Questo tipo di ricostruzione
sovverte spesso il senso comune o la verità comunemente accettata, spesso chi
nasconde la Verità nella propria verità, è consapevole delle proprie azioni, ma
commette l’errore di sottovalutare l’intelligenza altrui, ma quasi sempre
l’umiltà non è di noi umani, che per pontificare il nostro operato vediamo le
pagliuzze presenti nell’occhio degli altri, non accorgendoci della trave che
offusca la nostra vista.
Un’ultima considerazione o forse
un consiglio (nonostante la riluttanza a dispensarne), per la teoria del
complotto quando ad esempio si viene beccati a sbirciare nel buco della
serratura del bagno o in altri atteggiamenti simili, si può tranquillamente
affermare che gli alieni, tramite un sistema di controllo mentale remoto,
ancora sconosciuto agli umani, ci hanno forzati a intraprendere questa azione riprovevole,
ma adesso che siamo tornati in noi stessi stenderemo un trattato, precisando i
fenomeni premonitori, onde evitare che i nostri concittadini possano subire una
simile espropriazione della loro incommensurabile decenza.