L’Onorevole dell’Assemblea Regionale
Siciliana Nino Germanà (Nuovo Centro Destra) rappresenta le proprie
considerazioni in merito alla situazione statutaria ed economica dei parchi
regionali.
«Prima di pensare ad ampliare il
territorio del Parco dei Nebrodi e quindi consentire l’ingresso ad altri 20
comuni, dovremmo fermarci un attimo a riflettere su quali siano stati, fino ad
ora, i benefici per quelle realtà che vi appartengono dal 1993, anno della sua
istituzione.
Ad oggi, l’Ente Parco dei
Nebrodi è stato gestito -in linea con la pessima consuetudine siciliana-
semplicemente come un carrozzone politico utile a collocare amici e amici degli
amici; è stato utilizzato dalla politica -a tutti i livelli- per mantenere vivo
il sistema delle clientele grazie anche ad innumerevoli consulenze esterne,
incarichi legali: insomma tutto ció che è proprio di uno stipendificio.
Tutto si è fatto, dunque,
tranne che occuparsi seriamente della tutela del territorio. E le azioni
d’interesse territoriale, si sono tradotte, di fatto, soltanto in vincoli per i
comuni che appartengono al circuito e per le categorie produttive che operano
al suo interno (agricoltori, allevatori, etc.).
Leggendo le dichiarazioni rese del Presidente del
Parco, Giuseppe Antoci, circa i tagli a causa dei quali l’Ente ha registrato
difficoltà anche per fronteggiare le spese ordinarie (come ad esempio
l’erogazione degli stipendi), non ho potuto fare a meno di chiedermi come sia
possibile, in questo momento di crisi economica che tocca anche la nostra
Regione, pensare ad un ampliamento.
Non vogliamo essere disfattisti e crediamo nella
buona volontà che è alla base di questo ambizioso progetto così come confidiamo
nella bontà che saprà sortire l’interlocuzione con la nuova Presidenza e con il
Governo Regionale affinché si giunga a soluzioni che consentano un’inversione
di rotta radicale rispetto ai malcostumi del passato. Un nuovo modus operandi
che metta al centro della sua azione il rispetto di tutte le categorie
produttive che operano nel territorio (nebroideo), compreso il mondo venatorio,
rappresentato in Sicilia da 46.000 cacciatori che contribuiscono economicamente
con circa 23 milioni di euro a cui si somma un indotto che può arrivare ai 90
milioni di euro l’anno, per esercitare uno sport riconosciuto dalla legge ma
che ogni giorno viene messo in difficoltà da norme locali che riducono il
territorio a disposizione dell’attività venatoria a solo poche migliaia di
ettari. Ma se davvero si vuol operare nella direzione opposta rispetto a quella
percorsa sino ad ora, non c’è nulla da rimandare a tempi diversi: adesso è
,infatti, in discussione la legge sui parchi e per questo proprio adesso si puó
e si deve intervenire se c’è davvero la volontà che, a quanto pare, non manca
agli attori interessati.
Il mondo venatorio chiede che
si faccia una ricognizione delle superficie occupate da Parchi e Riserve
Naturali escludendo il vincolo di protezione laddove non sia necessario: ció
comporterà l’abbassamento della pressione venatoria negli ambiti territoriali
di caccia che vedranno aumentare la superficie entro esercitare l’attività
venatoria, in modo equilibrato, sereno e normato. Questo porterà benefici sia
dal punto di vista economico alle attività produttive del territorio che sotto
il profilo socioculturale per la tutela di una categoria che pur agendo nel
rispetto delle leggi ed essendo riconosciuta e legittimata dalla norma
nazionale, viene spesso considerata al pari del deprecabile bracconaggio».
Il Parco dei Nebrodi è stato per anni il
fiore all’occhiello del sistema dei parchi regionali ed italiani, al suo
interno sono stati realizzati progetti pilota di valenza internazionale ma oggi è un Re Nudo.
Interpretando il pensiero dell’On.
Germanà, non possiamo esimerci dall’evidenziare che oggi, purtroppo, la cultura
(nella sua accezione ambientale e naturalistica) è rimasta impantanata nelle
sabbie mobili della cattiva “burocrazia”, ed è il territorio dei Nebrodi a
pagarne le conseguenze, con un processo involutivo generato dagli
ambienta_menti dei vertici istituzionali alle logiche spartitorie della
politica.