In
un tranquillo giovedì di ottobre, nel pieno di un periodo di grande prosperità
economica per il paese, l’America si risvegliò bruscamente dal sogno di
ricchezza per ritrovarsi a vivere uno dei peggiori incubi della sua storia: il crollo di Wall Street, per questo
motivo il 24 ottobre 1929 fu battezzato il giovedì nero della borsa,
infatti in questa data si materializzò l’inizio della crisi di Wall Street, culminato nel definitivo crollo del 29
ottobre (“martedì nero”). A determinarlo fu la corsa sfrenata alla vendita di
azioni che bruciò il valore dei titoli, portando al collasso il mercato.
In
pochi giorni andarono in fumo gli investimenti di un milione di americani, per
molti di essi i risparmi di una vita. Molti non ressero allo shock e si tolsero
la vita gettandosi dai balconi del palazzo della borsa.
Furono
i primi tragici effetti della grande bolla speculativa che si era
materializzata negli anni precedenti, in cui banchieri e speculatori senza
scrupoli avevano falsato il mercato gonfiando il valore dei titoli e
promettendo, con la complicità di consulenti disonesti, enormi guadagni ai
piccoli investitori. Quelle poche sirene contrarie erano state messe alla gogna
con l’accusa di antipatriottismo.
Per
gli Usa e l’Occidente ebbe inizio una drammatica stagione di disoccupazione e
impoverimento che passerà alla storia con il nome di Grande Depressione. Al di qua e al di là dell’oceano si vedevano
le stesse immagini: negli Usa, in Germania, in Gran Bretagna e in Italia
milioni di disoccupati a marciare per protesta (le cosiddette “marce contro la
fame”) e altrettanti disperati in fila per un tozzo di pane.
Pochi
giorni dopo l’acclarata crisi economica mondiale viene inaugurato il MoMA (Museo di Arte Moderna) di New York, grazie alla
caparbietà di tre donne dell’alta borghesia americana che rese possibile un’opera
cruciale per la memoria di un secolo e più di ingegno e creatività.
L’anima
del gruppo era Abby Aldrich Rockefeller, moglie dell'ultimogenito dell'uomo più
ricco del mondo (il petroliere John Davison Rockefeller), che coinvolse due sue
amiche nell’impresa di dar vita a un nuovo spazio espositivo artistico nella
Grande Mela. Trovati i fondi, affittarono un'area di sei stanze al dodicesimo
piano del Manhattan’s Heckscher Building.
Inaugurata
il 7 novembre del 1929, con l'America in ginocchio per il drammatico crollo
della borsa, la nuova struttura rappresentava uno dei primi esempi di musei
esclusivamente dedicati all’arte moderna e d’avanguardia. Tuttavia non fu
facile per The Ladies (“le signore”, soprannome dato alle tre donne
promotrici del progetto) attirare nuovi finanziamenti per acquisire opere e
ampliare i locali.
Nei
decenni successivi la collezione crebbe notevolmente, fino ad arrivare agli
straordinari numeri di oggi: 150.000 opere, 22.000 film e 4 milioni di fermi
immagine; ad essi va aggiunto l'immenso patrimonio suddiviso tra la biblioteca
e gli archivi del MoMA: più di 300.000 libri e periodici, corredati dalle
schede personali di oltre 70.000 artisti.
Il
nucleo di maggior prestigio è costituito dalle opere dei maestri della pittura
europea: dall'impressionismo di Claude Monet al postimpressionismo di Vincent Van Gogh (con la celebre
“Notte stellata”) ed Henri Matisse (con la prima versione de “La danza”),
arrivando al cubismo di Picasso (di cui sono esposte numerose opere) e alla Pop
Art di Andy Warhol.
Sarà
proprio l’Arte a guidare il mondo fuori dalla crisi, potremmo raffigurare la
bolla speculativa e l’illusione che portò al crack del 1929, il dipinto
realizzato da René Magritte
esposto nel Los Angeles County Museum of Art (LACMA)
Ceci n'est pas une pipe, ossia “questo non è una pipa".
Eppure quella che stiamo guardando nel
quadro è proprio una pipa, ci chiediamo se la didascalia è forse questa la
negazione di una palese realtà? No, non lo è! Possiamo forse prenderla,
riempirla di tabacco e fumarla? La risposta e quindi la didascalia è
implicitamente corretta; ovvio che no, infatti questo è un quadro (ecco perché
usa "ceci", aggettivo maschile, e non "cette-ci"
come sarebbe più corretto per la pipa) che rappresenta un oggetto che
conosciamo e riconosciamo guardandolo, ma al tempo stesso questo oggetto non è
reale, è immateriale.
Il titolo del quadro è "La
Trahison des images", ossia il “tradimento delle immagini”: non tutto
quello che vediamo è quello che sembra.
Un concetto filosofico impartitoci da un
maestro del surrealismo che lancia una sfida alla convenzione linguistica
dell’identificare l’immagine di un qualcosa come quel qualcosa in sé. Magritte
ci mette davanti questo paradosso, facendoci riflettere su quanto sia complessa
la comunicazione e di come la società abitualmente guarda le cose in maniera
superficiale.
"Ceci n'est pas une pipe"
è una provocazione, con un testo sintetico che richiama lo stile pubblicitario
(Magritte iniziò la sua carriera come grafico), che ci ricorda la differenza
tra la realtà tangibile e l’impalpabile rappresentazione di essa, la
contraddizione dell’opera si ripropone attraverso la multirappresentazione, “Il
tradimento delle immagini” è stata riprodotta in circa cinque versioni;
questa tendenza alla riproduzione multipla sembra quasi una sconfitta, o meglio
una contraddizione rispetto all’accezione surrealista che, invece, sembrava
voler scongiurare il pericolo della riproduzione di massa. Contrariamente,
potremmo interpretare il ricorso al multiplo associandolo all’idea freudiana di
perturbante e coazione a ripetere, ovvero il ritorno dell’arcaico
caricato di una terribile pulsione di morte, il palesarsi di quest’ultima nel
mezzo della vita, probabilmente ciò che pervase o che pervade coloro che
mistificando la realtà cercano di fare apparire oro tutto ciò che luccica o
meglio segnali di ripresa quelli indotti da semplici artifici contabili che
modificano l’apparenza e non la struttura economica di una società forse troppo
stanca per gridare al tradimento.
"Questo è lavoro" è la didascalia del
"quadro" che viene riprodotto dai maestri della comunicazione! Ma
purtroppo, come nel caso della pipa, puoi prenderlo? Riesci a trovare lavoro?
"Il Tradimento delle immagini"!