Valdina
Valdina
è un comune della provincia di Messina, appartenente alla Valle del Niceto, che
conta 1.352 abitanti, dislocati nel centro e nelle frazioni di Tracoccia e
Fondachello.
Il
Comune di Valdina si compone di tre piccoli agglomerati urbani: Valdina Centro,
che si trova a 310 m. sul livello del mare, circondata dai monti Peloritani, si
affaccia sulla splendida visuale di Milazzo e delle Isole Eolie; Tracoccia,
famosa soprattutto per l'ospitare la chiesetta dedicata alla Madonna dell'acqua
Santa, che è spesso meta di fedeli e pellegrini; infine Fondachello, sulla
costa Tirrenica che ospita numerose fabbriche di laterizi.
La
popolazione è occupata principalmente nelle industrie di laterizi, ma anche
nell'agricoltura, nel commercio e nelle attività artigianali.
Il
clima è mite e ancora si gode del silenzio e la tranquillità di altri tempi.
Gli
fanno da contorno Roccavaldina, Venetico, Monforte San Giorgio, Torregrotta,
paesi tutti ricchi di storia, con i quali Valdina, sin dall'origine, ebbe
comuni rapporti storico sociali e culturali.
Cenni storici
Da
una ricostruzione verosimile degli accadimenti storici, effettuata attraverso
una prima lettura della bibliografia storica inerente il territorio di Valdina
è possibile fare risalire l'insediamento umano ad epoche remote, anche se
bisogna aspettare l’epoca imperiale per avere delle documentazioni.
Questo
territorio subisce le vicissitudini politiche e militari pari a tutti quelli
compresi tra Rometta e Milazzo, trovandosi sulla "strada maestra", la
Via Valeria, che collega i due centri tra loro e Messina e che continuando
arriva fino a Trapani.
La
presenza dei Greci e dei Cartaginesi, è testimoniata dall'attuale campanile
(anche se architettonicamente stravolto) della Chiesa Madre, che all'epoca era
una torre di avvistamento delle navi provenienti dalle Isole Eolie.
Anche
le varie colonizzazioni si identificano a tutte quelle della "Valle di
Demona" corrispondente all'area nord-orientale della Sicilia.
Nell’VIII
secolo A.C., Ateniesi e Cartaginesi furono i primi ad abitarla. A Valdina il
loro passaggio è provato dal campanile della Chiesa di "S.Pancrazio",
che in origine era una torre di avvistamento per le navi provenienti dalle
isole Eolie. In seguito alla I Guerra Punica (241 A.C.), subentrarono i Romani
e, un tribuno a cui fu assegnato questo territorio, come premio di conquista
nella guerra contro i Cartaginesi, effettuò delle opere di risanamento:
disboscamento e dissodamento del terreno, bonifica degli acquitrini e delle
paludi.
Tutto
questo consentì di creare piantagioni di cereali, viti, ulivi e alberi da
frutto. Per questo grande lavoro, vennero creati i primi cd. "Pagus",
ovvero nuclei di capanne che servivano ad agevolare gli spostamenti degli
uomini impiegati nell'opera. Il primo "Pagus" fu Roccavaldina. In
seguito alla caduta dell'Impero Romano, la Sicilia toccò all'Imperatore di
Bisanzio (536 D.C.), il quale donò questo territorio ad un cortigiano di
palazzo. Il conglomerato, chiamato fino ad allora "Pagus", da quel
momento assunse la denominazione di "Casale": da qui il "Casale
del Conte".
La
dominazione Bizantina assicurò, da una parte, la tranquillità da assalti
nemici, dall'altra bloccò lo sviluppo di qualsiasi forma di progresso. Alla
fine dell'800, questo territorio fu assediato dai Saraceni, che devastarono le
campagne circostanti e ridussero gli abitanti alla fame.La resa fu inevitabile
e i vincitori provvidero a risanare ciò che era stato distrutto, cominciando da
"Casale del Conte" che assunse il nome di "Rachel". La
dominazione saracena durò 125 anni e i Saraceni cercarono di introdurre i loro
usi, costumi, e religioni, pur permettendo le pratiche religiose Cristiane.
Furono anni di prosperità ma, una volta che gli Emiri decaddero, la Sicilia
restò divisa tra i vari signorotti locali che, in discordia tra loro, offrirono,
nel 1061, ai Normanni, il pretesto per iniziare la conquista Cristiana
dell'isola, compiuta da Ruggero d'Altavilla nel 1091. Ben presto, però, il
governo Normanno entrò in crisi e, precisamente durante il regno di Manfredi
che, caduto a Benevento, nella guerra contro i Francesi, permise a Carlo
D'Angiò l'insediamento nel regno come conquistatore.
La
vessatoria signoria di quest'ultimo e la prepotenza dei soldati francesi,
provocarono l'insurrezione dei Vespri (1282), contro i soldati francesi avvenuta
a Palermo il Lunedì di Pasqua, l'intervento nell'isola degli Aragonesi e,
quindi, l'affermazione della nuova dinastia aragonese. Infatti, i baroni ed i
capi popolo siciliani, decisero di offrire la corona a Pietro III di Aragona
(1282). Egli dispensò titoli nobiliari, fondi e grossi possedimenti, di cui ne
beneficiarono anche i La Rocca e i Mauro. Morto Pietro, subentrò il figlio
Federico, il quale, in seguito al suo sposalizio (1289), largheggiò in
generosità con i suoi fidi sostenitori, dispensando loro terre, castelli,
feudi.
I
nobili siciliani, caldeggiano l'avvento successivo di Pietro III d'Aragona
(genero di Manfredi di Svevia) il quale è generoso nel dispensare titoli
nobiliari in favore dei Siciliani indigeni ed immigrati per rafforzare il suo
potere, non sentendosi sicuro per la scomunica subita ad opera del Papa
Celestino V, che ha l'alta Signoria della Sicilia, e che parteggia per gli
Angioini. Di questi titoli sono investiti i Gioeni, i Castagna, i Pollicino, i
La Rocca, i Mauro, gli Spadafora ecc.. L'identità di Valdina inizia dopo che
Federico viene consacrato, il 25 Marzo 1298, Re di Sicilia.
Subito
dopo Egli stacca un feudo da Rometta, lo divide in due, uno lo dona a Giovanni
La Rocca e l'altro a Giovanni Mauro (ambedue benemeriti degli Aragonesi) in
onore di quest'ultimo il nostro territorio viene chiamato Maurojanni.
Dal
territorio demaniale di Rametta (oggi Rometta), venne staccata la parte
occidentale e creati due fondi di diseguale grandezza, che furono donati a due
benemeriti sostenitori di Federico d'Aragona: uno a Giovanni La Rocca, nobile
cavaliere pisano da tempo venuto in Sicilia ed insignito di pubbliche cariche a
Messina, l'altro a Giovanni Mauro, di origine genovese. Il terreno era
selvaggio, boschivo e, soprattutto disabitato. Fu per tale motivo che, per
coltivarlo, i concessionari furono costretti ad ingaggiare villani ed artigiani
provenienti da fuori. Per questo fu necessario costruire dei casolari onde
poterli alloggiare. Nacquero così due casali che presero il nome dai due
feudatari: La Rocca e Maurojanni o Mauro Giovanni (oggi Valdina).
Vari
nobili si succedono nel possedere i due feudi per eredità, per vendita o
permuta fino a che Andrea Valdina non l'acquista da Giliberto Pollicino (figlio
di Eulalia La Grua e Federico Pollicino) che l'ha acquistato, col consenso del
Vicerè, da suo fratello Gaspare il 27 Luglio 1505.
Andrea
Valdina, di antica origine Aragonese, si trasferisce in Sicilia intorno al
1470. E' Reggente Ufficio di Mastro notaro della Regia Gran Corte. Sposa Francesca
Cundo.
Parecchi
eredi si succedono fino a Maurizio Valdina Ventimiglia che s'investe della
Baronia di Maurojanni il 31 Agosto 1589, dopo la morte del padre Andrea Valdina
Alliata juniore.
Maurizio
Valdina muore a 22 anni il 26 Agosto 1590 a Palermo lasciando un infinito
dolore nella madre e nella giovane moglie. Le spoglie vengono trasferite a
Rocca e tumulate di fronte al vecchio Andrea Valdina nella Chiesa Madre.
I
sarcofaghi sono opere del noto architetto dell'epoca Camilliani.
Dopo
la morte di Maurizio, che non lascia figli, s'investe come erede particolare
suo fratello Pietro Valdina Ventimiglia il 20 Maggio 1600.
Con
il passaggio della Corona da Filippo III a Filippo IV, il 30 Ottobre 1621, Don
Pietro ottiene il titolo di Principe per i servigi resi al Re Filippo IV il
quale è impegnato in guerra per la successione del Ducato di Mantova, sia
perchè presta una cospicua somma, non resa, così come facevano gli Spagnoli
all'epoca, sia per aver eroicamente contrastato i Francesi al ponte Carignano in
Piemonte.
Da
allora Maurojanni viene commutato in Valdina.
Don
Pietro è dotato di naturali capacità militari e politiche tant'è che con Lui i
Valdina raggiungono il culmine della potenza. Egli è inoltre notaio della Regia
Corte, Deputato e Ambasciatore del Senato di Palermo presso Don Giovanni
d'Austria in Messina.
Prima
della morte, che avviene nel 1652, combina il matrimonio del figlio Andrea
Valdina del Bosco con Paola (nata da Agostino Vignuolo, ricco mercante
genovese, e da Caterina Papè). Le nozze vengono celebrate il 2 Ottobre di
quell'anno.
Andrea
muore nel 1660, gli succede il figlio Giovanni Valdina Vignuolo Maestro notaro
del Tribunale di Gran Corte (1663), Presidente dell'Arciconfraternita della
Redenzione dei Cattivi (1669).
Giovanni
s'investe del titolo di Principe di Valdina quale primogenito ed erede
universale di Andrea in virtù del testamento del 22 Aprile 1659, pubblicato
agli atti di Not. Giuseppe Oliveri di Palermo il 5 Maggio 1660.
Giovanni,
uomo molto religioso, istituisce la Prelatura Valdina in Roma vicino
all'attuale Piazza di Spagna, a tutt'oggi esistente. Essa ha il compito di dare
una Rappresentanza Diplomatica presso la Santa Sede.
Muore
senza figli nel 1692 e viene tumulato nella Cappella di S. Nicolò di
Roccavaldina, nella Chiesa Madre, senza epigrafe.
Queste
sono le Sue volontà testamentarie "... nomino per mia erede universale
l'anima mia..... dopo siano celebrate 6000 messe piane nella Matrice di Rocca
ed una cantata nella Chiesa di Loreto".
Questo
testamento viene pubblicato il 4 Dicembre 1688 agli atti di Not. Leonardo di
Miceli di Palermo.
A
Giovanni succede il cugino Francesco Valdina. suo parente più stretto in grado,
il quale il 13 Agosto 1703 in virtù della sentenza del Tribunale della Gran
Corte del 28 Agosto 1700 e sentenza del Tribunale del Concistoro del 29 Agosto
1702, si investe del titolo di Principe.
Con
Francesco si estinguono i Valdina e dispersi i loro beni.
Secondo
una tesi quest'ultimo, conscio delle sue incapacità, nel 1706 avrebbe venduto
per 1000 onze, il titolo di Principe di Valdina al Duca di Gvampilieri Don
Giuseppe Papè.
Più
documentata risulta essere l'altra tesi secondo la quale lo stesso titolo è
(successivamente) rivendicato da Giuseppe Papè Montaperto, Duca di Giampilieri
il quale se ne investe il 21 Luglio 1706 per assegnazione fattagli da Casimiro
Drago, Pietro Giuseppe La Grana e Antonio Guerrero, procuratori eletti d'ordine
di S. Maestà per "resecare" tutte le liti sorte tra D. Giuseppe Papè,
quale parente di Paola Vignuolo e Papè e il Rev. Giovanni Bernardino Niceti,
fideocommissario della eredità del fu Giovanni Valdina Vignuolo.
Giuseppe
Papè sposa Gaetana Ballo di Vincenzo della Baronia di Calattuvo (Alcamo). E'
Protonotaro del Regno, muore a Palermo il 13 Gennaio 1742. Anche la Principessa
Gaetana muore in Palermo il 29 febbraio 1769.
Ignazio
Papè Ballo s'investe del titolo di Principe il 12 Gennaio 1743 quale figlio
primogenito ed erede universale del Principe Giuseppe, per Testamento. Sposa
Francesca Bologna e Gravina. Ignazio Papè è intendente generale degli Eserciti,
Maestro razionale di Cappa e Spada del Tribunale del R. Patrimonio, gentiluomo
di Camera d'Entrata nel 1772 e Protonotaro del Regno. Muore in Palermo l'8
Gennaio 1793.
Gli
succede il figlio Pietro Papè e Bologna, sposa Ippolita Gravina Massa i122
Ottobre 1778. E' Protonotaro del Regno, Logotenente e Maestro di Cerimonie del
Regno di Sicilia. Muore a Palermo il 15 Ottobre 1822.
Gli
subentra il primogenito Salvatore Papè Gravina che sposa in Palermo Vittoria
Vanni il 9 Febbraio 1829. E' Pretore di quella città nel 1840 e ivi muore il 24
Luglio 1870.
Pietro
Papè Vanni succede come primogenito alla morte di Salvatore, suo padre. Sposa
Marianna Lanza Filangeri di 23 anni, il 28 Gennaio 1856. E' stato riconosciuto
possessore del titolo di Principe e, come tale, esce nell'Elenco Ufficiale
delle famiglie nobili e titolate della Sicilia del 1902.
Il
primogenito di Don Pietro, Salvatore Papè Lanza, nato a Palermo il 22 Novembre
1856 succede di diritto alla morte del padre. Sposa Clementina Lanza Paternò il
16 Marzo 1886. Da questo matrimonio nascono quattro figli, Giuseppe, Marianna,
Giuseppina e Maria.
L'ultimo
discendente dei Papè dei Principi di Valdina, Don Pietro, sposa la Principessa
Margherita Spadafora i19 settembre 1995, nella Chiesa di San Nicolò di Venetico
Superiore.
Beni Monumentali
Al
centro del paese s'innalza la Chiesa di S.Pancrazio, risalente al XVII secolo.
Danneggiata notevolmente durante il terremoto del 1908, venne subito dopo
ristrutturata, cambiando di poco il suo stile originale. La statua di
S.Pancrazio é situata su una vara posta nella navata centrale della chiesa e
viene festeggiato il 9 luglio con una processione che percorre tutto il paese.
Oltre a questa statua ci sono quella della Madonna del rosario, di S.Antonio,
dell'Immacolata e di S.Idria. A circa 2 Km da Valdina, si trova la fraz. di
Tracoccia. Conta all'incirca 300 abitanti che svolgono attività nei campi e
nelle vicine industrie di laterizi.
Nel
paese sorgono due chiese: una costruita nel 1972, edificata alla Madonna delle
Grazie, l'altra, che si presume essere del secolo XVI, dedicata alla Madonna
dell'Acqua Santa. Su quest'ultima si narra una leggenda secondo la quale in un
campo di grano, c'era una donna con una bambina che assetata chiedeva acqua.
Allorché le apparve una figura celestiale che nell'estirpare una spiga di
grano, fece sgorgare l'acqua. Considerato un evento miracoloso, un gruppo di
suore, mandarono quell'acqua miracolosa persino in America.
Le
offerte devolute in cambio, servirono per edificarvi la chiesa, detta, appunto,
dell'Acqua santa. Un'altra frazione di Valdina é Fondachello, che si estende
lungo la statale 113. Di particolare rilevanza é la villa baronale risalente al
XIX secolo, apparterrebbe alla famiglia Calcagno Lo Mondo.
All'interno
c'é una piccola cappella intitolata a S. Giovanni Battista, che, fino a circa
30 anni orsono, era luogo di culto per tutta la cittadinanza. Dopo la
costruzione della Chiesa di S. Giovanni Battista é però tornata ad essere di
uso esclusivamente privato.