venerdì 6 dicembre 2013

IndomabilMente



«Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine» (Nelson Mandela, “Lungo cammino verso la libertà”).


Nelson Rolihlahla Mandela, Premio Nobel per la Pace nel 1993, a seguito delle prime elezioni multirazziali eletto, nel 1994, Presidente del Sudafrica, sarà ricordato per il ruolo determinante che ebbe nell’abolizione dell’apartheid all’inizio degli anni Novanta.
Nelson” il nome che gli fu assegnato quando iniziò a frequentare collegio britannico di Healdtown, “Mandela” il cognome assunto dal nonno, ma è il nome che gli fu attribuito alla nascita a rappresentarne il carattere “Rolihlahla”, letteralmente “colui che porta guai”, appartenente alla famiglia reale dei Thembu, una tribù di etnia Xhosa, all’interno del clan era Madiba, ed era con questo soprannome che era conosciuto da tutti, Madiba è un titolo onorifico adottato dai membri anziani della sua famiglia, divenuto in Sudafrica sinonimo di Nelson Mandela.
Non servono altre parole per ricordare Madiba, se non quelle approrpiate con cui neoletto Presidente, spinse la squadra di rugby del Sud Africa formata esclusivamente da bianchi, alla vittoria del Campionato del Mondo del 1995, Mandela chiese al capitano Francois Pienaar di guidare la squadra alla vittoria, citando una poesia che era stata la sua fonte di ispirazione durante gli anni trascorsi in prigione, “Invictus”, di William Ernest Henley, il titolo significa “indomabile”. Chiediamo al Tata (Padre) di guidarci sempre lungo il cammino della Libertà.

Invictus
«Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo che va da un polo all’altro,
ringrazio tutti gli dei per la mia anima indomabile.
Nella morsa delle circostanze,
non ho indietreggiato, né ho pianto.
Sotto i colpi d’ascia della sorte,
il mio capo sanguina, ma non si china.
Più in là, questo luogo di rabbia e lacrime
incombe, ma l’orrore dell’ombra,
e la minaccia degli anni
non mi trova, e non mi troverà, spaventato.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la pergamena,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima».
William Ernest Henley